
Nürnberg Fallout 14/88 – Giuseppe Pasquali
15 martedì Lug 2014

15 martedì Lug 2014
20 venerdì Giu 2014
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Ci ho messo molto a leggere ‘Lithium’ e a scrivere questa recensione.
Questo per un motivo molto semplice: sinceramente, mi ha molto delusa. Posso essere lapidaria: non mi è piaciuto. Solitamente riesco a trovare lati positivi anche nei romanzi che non mi hanno entusiasmata ma sinceramente questo ne ha ben pochi.
Essendo stata contattata dalle autrici, che gentilmente mi hanno fornito la versione ebook, rispetto il regolamento e recensisco, con obiettività e sincerità che spero verranno apprezzate.
Lithium ha una bella copertina con una grafica accattivante e un titolo che incuriosisce. Promette bene: una storia di amicizia, di amore e di vampiri. Poteva essere una bomba.
Purtroppo, pur contenendo degli spunti che l’avrebbero reso un urban fantasy gradevole, i difetti superano di gran lunga i pregi.
Uno di questi difetti è la decisamente poca originalità. E’ difficile scrivere qualcosa di originale nell’ambito dell’urban fantasy, soprattutto nel mercato attuale. Il trucco, a mio parere, è utilizzare in modo originale spunti e archetipi classici, cosa che qui è mancata. Sin dall’introduzione è forte la sensazione di ‘già visto’ senza però quasi mai l’aggiunta del ‘quid’ della personalizzazione. Per fare un esempio senza anticipare nulla a chi volesse comunque leggere il romanzo: il muro che separa i sovrannaturali dagli umani nella cittadina inglese di St. Jillian ricorda troppo quello di ‘Stardust’ di Neil Gaiman. Questa sensazione non abbandona il lettore per tutta la durata del romanzo: anche i dettagli d’ambientazione che avrebbero potuto essere dei piccoli gioielli, come il Litio da cui prende il nome (lo chiamerei Effetto Pungolo: cambia colore nelle vicinanze di vampiri o licantropi), si tingono di già visto.
In ogni modo, le autrici hanno fatto uno sforzo per creare un’ambientazione tutto sommato coerente e che potrebbe anche, a un occhio meno abituato a cogliere le citazioni, risultare molto piacevole. Peccato che questa, come la trama incentrata sul sovrannaturale, venga relegata sullo sfondo di vari siparietti tra i personaggi, che siano scene abbastanza irrilevanti a livello narrativo tra le due amiche protagoniste o battibecchi vari tra innamorati o presunti tali, cosa che alla lunga diventa irritante. Amicizia e amore, altri due temi portanti che avrebbero potuto donare epicità alla narrazione, sono trattati con una certa superficialità e i personaggi interagiscono tra loro in un modo abbastanza stereotipato, che nei momenti migliori ricorda uno shojo manga degli anni ’90.
Altro difetto del romanzo, infatti, è la poca maturità caratteriale dei personaggi. Anche quelli che dovrebbero avere un certo quantitativo di anni sulle spalle tendono a farsi dei film mentali più consoni a una ragazzina quattordicenne in crisi ormonale, cosa che persino le protagoniste dovrebbero aver superato. Protagoniste, tra l’altro, che pur avendo nomi anglofoni dovrebbero essere italiane, dettaglio stonato e anche un po’ inutile: la storia avrebbe potuto essere ben più interessante con un’ambientazione costruita in Italia (abbiamo anche noi le nostre belle leggende) e avrebbe funzionato lo stesso con due protagoniste inglesi.
Lo stile delle autrici (che pure hanno una buona proprietà di linguaggio, complessivamente), senza contare gli ovvi problemi dovuti alla mancanza di editing di un romanzo autopubblicato, è più adatto ad una fanfiction che ad un romanzo. Tutti i protagonisti si esprimono più o meno allo stesso modo, senza riguardo a eventuali differenze di età e l’utilizzo della prima persona accentua questo difetto: il lettore si chiede perchè tutti i personaggi pensino come la quattordicenne in crisi ormonale di cui sopra. Un altro difetto stilistico è la disomogeneità, con anche un marcato utilizzo di salti temporali che, mescolato al continuo cambio di punto di vista della voce narrante, genera nel lettore confusione. Infine, i dialoghi spesso sfociano nei siparietti sopracitati, non portando nulla alla narrazione, anzi spezzandola inutilmente e innervosendo il lettore.
Il libro è il primo di una serie, spero veramente che le autrici riescano a tirare fuori il potenziale dall’ambientazione da loro creata rendendo la narrazione più avvincente e ordinata.
Per il momento, mi spiace dirlo, nella sezione “racconti originali” di alcuni siti di fanfiction, si trovano storie più curate.
Titolo: Lithium
Autore: Marika Cavaletto e Chiara Bianca d’Oria
Editore: autopubblicato
Codice ISBN: 8868551594
11 mercoledì Giu 2014
Le Guardiane di Isa Thid è un romanzo in cui sovrannaturale è talmente ben integrato con il naturale da far sfumare le differenze tra i due e si inserisce garbatamente nel filone urban fantasy del genere stregonesco.
Ed è appunto una magia naturale, concreta e in qualche modo realistica quella praticata dalla protagonista del romanzo, giovane strega Wicca la cui vita viene stravolta nel momento in cui si trasferisce in un nuovo appartamento. Il topos ‘scontato’ della casa infestata viene sfruttato in modo abbastanza inaspettato: lo spirito che abita l’appartamento di Amanda non è un fantasma o un poltergeist, bensì un elfo. Amanda si ritrova così suo malgrado coinvolta, insieme alla sua ragazza Ersilia, in una guerra tra due casate elfiche che le porterà lontane da casa, alla scoperta delle loro vere potenzialità.
La trama è semplice e lineare ma ben costruita, la narrazione è avvincente, il lettore rimane facilmente coinvolto dallo svolgersi degli eventi. Un piccolo pregio ulteriore è l’aver inserito una storia romantica già avviata mantenendola sullo sfondo degli eventi, senza appesantire la lettura. L’unico difetto di trama che sono riuscita a trovare è verso la fine: Amanda blocca un gruppo di nemici con i suoi poteri derivanti dall’acqua, ma non è molto credibile che in un intero drappello di elfi, ognuno con la sua affinità elementale, nessuno avesse lo stesso tipo di potere per almeno tentare di contrastarla. Per il resto, tutto scorre fluido e ogni turnover è ben giustificato, ogni azione ha una causa logica e un effetto coerente.
I personaggi sono credibili, con i loro pregi e i loro difetti. La protagonista, Amanda, riesce a mantenere lontano l”effetto antipatia’ che spesso possono suscitare le protagoniste femminili troppo caricate. Miro l’elfo, che poteva risultare un protagonista di difficile costruzione, è adorabile, molto umano pur essendo oltre l’umano. I comprimari sono tutti ben costruiti.
Lo stile è semplice ma mai troppo colloquiale, l’autrice ha un’ottima proprietà di linguaggio, non sfigura di fronte a più famosi autori stranieri. Ha inoltre la rara capacità di trattare temi che ancora sono considerati “delicati”, come l’amore omosessuale, con semplicità e senza cadere nel retorico.
I dettagli d’ambientazione, come le corti degli elfi, la lingua dei mutaforma e la magia delle streghe sono curati nel minimo dettaglio. L’unico momento in cui la narrazione risulta appesantita è quando vengono descritti, sin nei minimi dettagli, i procedimenti degli incantesimi, cosa che dà realsimo alla vicenda ma spezza la narrazione e alla lunga risulta un po’ noiosa. Un dettaglio particolarmente apprezzabile è l’aver ambientato gli eventi in Europa, tra l’Italia e i Carpazi, senza cercare per forza i nomi e i luoghi anglofoni che tanto vanno di moda. Sarebbe stato perfetto se anche gli elfi fossero stati ripresi dal folklore locale invece che da quello celtico, ma l’autrice si ispira alla cultura Wicca quindi la cosa non deve stupire più di tanto.
Due parole sulla “confezione” dell’ebook, che è molto curato, pochi refusi scappati alla revisione; peccato per la copertina, che è poco incisiva e non rappresenta il contenuto del romanzo (o meglio il romanzo spiega la copertina, mentre sarebbe meglio il contrario).
Per conlcudere, consiglio vivamente la lettura di “Le Guardiane” agli amanti dell’urban fantasy, a mio avviso è un romanzo che forse avrebbe meritato di essere più considerato.
Titolo: Le Guardiane
Autore: Isa Thid
Editore: Damster, 2013
Codice ISBN: : 9788868100339
15 martedì Apr 2014
Posted Senza categoria, Work in progress
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25 sabato Gen 2014
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Barbieri, drago, fantastico, italiano, Simone, treno, viaggi nel tempo
“Una volta che li ebbe raggiunti, il vecchio si bloccò, senza fiato, piegato in due dalla stanchezza. Appena si riprese parlò, lasciando tutti increduli: «Piacere, signori! Il mio nome è Carlino…» disse l’anziano, e continuò «Forse conoscete mio nonno: il Mago Merlino!»”
(pag. 11)
Il mio legame con questo divertente libretto di 77 pagine è dato indubbiamente dal cognome del suo autore.
La curiosità di leggere quello che scrive un mio omonimo mi ha spinta ad acquistarlo e devo ammettere che, nel marasma degli autori esordienti italiani, Simone Barbieri è stata una piacevole sorpresa.
La storia mi ha ricordato moltissimo certe avventure che scrisse a suo tempo Mark Twain in “Uno yankee alla corte di Re Artù” e, del resto, l’espediente dell’uomo moderno catapultato in un’epoca passata, è stato più volte utilizzato da innumerevoli autori.
In questo caso il tema viene affrontato con un forte accento ironico, con pochissime pause e con un ritmo incalzante e quasi surreale.
Ma, in un contesto in cui i personaggi stessi sono caricaturizzati, qualunque cosa accada ha perfettamente senso.
E così abbiamo un antenato maldestro del Mago Merlino, un Duca capriccioso e insopportabile, un drago incattivito da troppa solitudine e un drappello di avventurieri per caso, tra cui tre compagni di scuola, una tenera (anche in senso fisico) vecchietta, un macchinista, un controllore e altri personaggi altrettanto variopinti.
Nonostante la rapidità dell’intero intreccio, l’autore dimostra di sapere descrivere moto bene gli eventi e questo lo si nota soprattutto nel capitolo in cui Dragospino attacca i protagonisti. Tutti gli stereotipi di un drago in collera vengono evidenziati con brevi, ma efficaci, pennellate, riservando alla fine la sorpresa di scoprire le vere ragioni del malumore della bestia.
L’idea di attraversare il tempo e lo spazio grazie ad un treno che deraglia ritrovandosi in un passato remotissimo mi è piaciuta molto e spero che il prossimo romanzo di Simone Barbieri prosegua con le vicende dei protagonisti di “Destinazione Medioevo”, magari con un “Destinazione Rinascimento” oppure “Destinazione Preistoria”.
L’unica cosa che, secondo me, in questo romanzo manca è un approfondimento maggiore dei caratteri dei personaggi, che si intuisce, ma sarebbe stato più bello leggerne di più.
Per il resto ho trovato il libro una lettura piacevole, ironica e ben scritta.
Consiglio vivamente soprattutto a chi viaggia in treno.
Titolo: Destinazione medioevo
Autore: Simone Barbieri
Editore: Edizioni Cinquemarzo
Anno: 2013
21 venerdì Dic 2012
Posted Recensioni fantasy, Recensioni horror, Senza categoria
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Questo è il primo capitolo della Trilogia di Lothar Basler. Nella sua struttura si presenta come un fantasy classico, ma che ben presto trascina il lettore in un universo cupo e disperato. I protagonisti non sono i classici eroi a cui ci ha abituato gran parte della letteratura del genere. Il loro eroismo si manifesta nell’affrontare tutte le minacce e i pericoli con la volontà di prevalere. La determinazione di non arrendersi e continuare a combattere le avversità fino all’ultimo, nonostante l’imparità delle forze che si scagliano contro di loro.
I personaggi principali sono ben caratterizzati, anche se i due che spiccano maggiormente sono Lothar Basler e Simone detto “Muzio”. Il primo, da cui la trilogia trae nome, è un uomo dal passato tragico. Un destino ineluttabile guida i suoi passi nella città di Lum, abbandonata anni prima in seguito alla tragica scomparsa della moglie. Le sorti di Lothar sono strettamente legate ad un passato che per molto tempo egli ha cercato di dimenticare, ma che non lo ha mai abbandonato veramente. Tornato in città, Lothar comprende ben presto che non si può sfuggire dal passato. Per lui è giunto il momento di affrontare i fantasmi da cui credeva di poter fuggire e tentare di ritrovare se stesso. Il carattere di Lothar è spesso cupo, è un uomo amareggiato che vede la vita con un forte senso di fatalismo, eppure a volte qualcosa della sua personalità passata riemerge, soprattutto grazie all’amicizia di Simone.
Mutio inizialmente sembra rappresentare un polo decisamente opposto rispetto a Lothar. E’ un uomo allegro, sempre pronto alla risata. Padrone di una taverna, “il Boccale del Gioco”, Simone trascorre un’esistenza felice assieme alla moglie. L’incontro con Lothar cambia profondamente la sua vita e tra i due nasce da subito un’amicizia solida. Con il procedere degli eventi, l’impressione che i due amici siano due poli opposti viene sfatata. In realtà Muzio e Lothar sarebbero potuti entrare l’uno nei panni dell’altro. La vita di Lothar avrebbe potuto essere simile a quella di Simone se la tragedia non lo avesse colpito. Nel profondo dell’anima, Muzio e Lothar sono affini, ed è la comprensione e l’affetto di Simone ad impedire all’amico di sprofondare nelle tenebre che attanagliano il suo animo.
Nonostante la ribalta sia occupata soprattutto da questi due personaggi, anche il resto dello strano gruppo che si viene a creare attorno a loro risulta interessante. Il guerriero nordico Thorval, con la sua ossessione per il combattimento, è un uomo schivo e di poche parole. Un vero figlio del nord, intende trovare lavoro come mercenario, seguendo la tradizione guerriera della propria gente. Il nano Rugni, sempre pronto alla rissa, dall’umorismo al vetriolo, sembra incasellarsi in uno stereotipo di nano già apparso altrove, ma subito da questo primo capitolo si caomprende che questo personaggio nasconde un passato misterioso: nulla è ciò che sembra. Infine il membro più strano della compagnia, il mezz’orco Moonz, reietto evitato da tutti, ben lontano dallo stereotipo dell’emarginato eroico. L’unica forza che sembra spingere avanti Moonz è l’istinto di autoconservazione. Nonostante si unisca al gruppo, rimane sempre e comunque una figura liminare, le cui motivazioni non divergono mai da un’istintività ferale.
L’ambientazione in cui si muovono i personaggi è una chiara trasfigurazione fantastica del mondo reale. Un continente un tempo unito sotto l’egida di un impero con capitale ad Amor (parallelo di Roma), ormai diviso e sconvolto da guerre di confine. L’aura di una gloria passata aleggia ancora sulle strade fangose, ma è una grandezza decaduta come le vie sconnesse che collegano le città. E’ un mondo duro e spietato, dove i pericoli abbondano e la lotta per la sopravvivenza infuria quotidianamente. Una forma di magia esiste nel mondo, ma è misteriosa e tutt’altro che mondana: spesso di rivela terrificante nelle sue manifestazioni.
La storia, sebbene si basi su un impianto piuttosto classico per il genere, presenta elementi di originalità da non sottovalutare. La commistione di fantasy e horror riesce alla perfezione nelle scene in cui il sovrannaturale invade la realtà. Le svolte nella storia non sono mai facilmente prevedibili e sottesi all’intera vicenda vi sono segreti non ancora rivelati che si dipaneranno nei capitoli successivi della trilogia.
Ho trovato la lettura di questo libro estremamente piacevole. Coinvolgente fin da subito per l’immedesimazione spontanea nei personaggi che genera nel lettore. I protagonisti sono alle prese con emozioni decisamente umane e credibili. Marco Davide in questo primo libro ha dato prova di una padronanza di linguaggio notevole, che però non appesantisce la lettura. Giunti alle ultime pagine, si rimane ansiosi di scoprire come proseguirà la vicenda. L’interesse per la storia si infiamma rapidamente sin dall’inizio e può essere saziato solo seguendo Lothar e i suoi compagni nelle loro terrificanti avventure.
Titolo: La Trilogia di Lothar Basler – La Lama del Dolore
Autore: Marco Davide
Editore: Curcio 2007
Codice ISBN: 8895049160